IL SEGNO DEL SOPRANNATURALE DI GIUGNO 2025

TESTIMONIANZE SULL’ESORCISTA CANDIDO AMANTINI

di don Marcello Stanzione  

L’esorcista Candido Amantini sapeva subito individuare streghe, maghi e stregoni, non gli dava il tempo di entrare nella sacrestia che diceva subito: “Fuori”. Dichiara don Giorgio Alessandri: “Mi ricordo che un giorno venne una signora che portava una busta e siccome non c’era l’altro sacerdote, padre Romualdo, che dava benedizioni ordinarie, venne da padre Candido: ‘Padre, mi deve benedire questa busta di rosari’. ‘Ah, – disse padre Candido – di rosari? Lo apra signora’. ‘Ma Padre, basta che lei faccia così…, che dobbiamo vedere i rosari?’. ‘Lo apra su’. Aperta la busta – ancora ricordo – c’erano tutte zampe di coniglio. Un’altra volta c’era un frate religioso, fra Bonaventura – è morto da tanti anni – un fratello laico che stava alla porta della Scala Santa. Portarono una bottiglia di vino – io stavo là – e mi dissero: ‘Questo è per padre Candido’. Io dissi: ‘Non glielo devo dare io, glielo dia lei’ perché pensavo: ‘Con tutti questi matti, non vorrei che ci fosse il veleno, dopo se la prendono con me’. Arrivò padre Candido e disse: ‘Butta la bottiglia’.  Il frate prese la bottiglia e la buttò dalla finestra della Scala Santa. Dopo qualche istante, sbigottito vidi risalire la bottiglia. Venni a sapere che conteneva una bevanda maleficiata. Queste cose succedevano, noi pensate che a quei tempi, il venerdì, alla Scala Santa era la giornata in cui andavano molte di queste streghe e fattucchiere, lui se ne accorgeva subito: ‘Va’ via, va’, va’” o quando qualcuno, qualche pseudo mistica o veggente arrivava, non faceva in tempo a metter piede nella sacrestia che già era ‘andata’ via”.  

UN MAESTRO ESEMPLARE

Il Vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole, che per anni è stato intimo di padre Candido dichiara: “Ero giovane, avevo 27 anni, ordinato sacerdote da poco tempo e frequentavo con don Giancarlo Gramolazzo l’Alfonsianum, che è vicino alla Scala Santa. Fu proprio don Giancarlo Gramolazzo ad accompagnarmi da padre Candido, e così ebbi modo di assistere per la prima volta a un esorcismo. Ero molto scettico, non ci credevo e il padre, alla fine dell’esorcismo, mi disse: ‘Torna, torna qui la prossima volta’. Ebbi l’impressione che ci tenesse a che partecipassi a questi incontri veramente speciali. Quello che mi sorprendeva, era che non sentivo la vocazione a fare l’esorcista, ero andato lì per pura curiosità, eppure mi rendevo conto che lui insisteva perché tornassi regolarmente. Ogni volta, che mi liberavo dall’università, quando partecipavo agli esorcismi, era lui stesso a insistere dicendomi: ‘Ti aspetto anche domani… vedrai c’è una donna molto provata… vieni anche dopo domani…’. E così ho avuto modo di imparare la difficile missione dell’esorcista accanto a un così grande maestro. Mentre operava, mi insegnava quello che non deve essere fatto e quello che deve essere accuratamente osservato. Ad esempio, ho appreso dal suo modo di agire che l’esorcista non si deve agitare troppo, deve restare assolutamente calmo. E lui era un uomo di grandissima pace, di straordinaria serenità. Ricordo una delle prime volte, quando una ragazza posseduta si agitava eccessivamente e reagiva con violenza dando colpi a destra e a sinistra, padre Candido con grande dolcezza alzando la mano su di lei la calmava. Quella povera donna, straziata dal maligno, prima sembrava irresistibile a qualsiasi maniera di coercizione e di mantenimento, ma lui con un semplice gesto riusciva a domarla, anzi a domarli… perché ne aveva più di qualcuno a vessarla così fortemente. Spiegava padre Candido che l’esorcista non deve parlare molto, non deve agitarsi, deve pregare sì, tantissimo, deve, cioè, lottare con l’arma irresistibile della preghiera. Dal 1974 al 1976 sono stato suo fedelissimo allievo; lui ci teneva. Per la verità, era lui a sollecitarmi perché andassi a trovarlo. Sinceramente, non ho mai nemmeno capito perché. Poi sono stato in Africa, in Costa d’Avorio, fino al 1984, e lì ho potuto svolgere il ministero di esorcista. Ogni due anni, quando tornavo qui in Italia, lo incontravo ed era per me occasione per raccontargli le mie esperienze in questo delicato campo apostolico. Ma, anche quando stavo là in Africa, rimanevo in contatto con lui, mi seguiva, mi dava consigli. E sempre mi ripeteva: ‘Innanzitutto molto preghiera, bisogna che tu preghi tanto, e poi penitenza’. So che padre Candido trascorreva notti intere senza dormire, in preghiera, spesso tormentato dal maligno”. Dopo tanti anni mons. D’Ercole ricorda ancora alcuni suoi consigli: “‘Tu, se fai l’esorcista – mi diceva padre Candido – devi essere ‘sepolto’, cioè, capivo, lontano dai riflettori mediatici. ‘Non devono parlare di te e non devi parlare tu. Devi vivere in silenzio, perché altrimenti il demonio può giocarti con la sua tremenda astuzia…’. Mi trasmetteva queste esortazioni con quella sua tipica calma, nota a chiunque lo ha conosciuto, e mostrava una constante disponibilità a rispondere a qualsiasi domanda gli rivolgessi. Vorrei precisare che, durante l’esorcismo, non mi rispondeva mai, alla fine però, quando gli manifestavo qualche mia curiosità, prendeva il tempo di chiarirmi le idee e non sembrava avesse fretta. Quanto ho imparato da questo passionista, vero uomo di Dio! Mi raccontava, per esempio come non dovevo assolutamente entrare in gioco con il demonio. Non lasciarmi trascinare dalle sue provocazioni piene di furbizia e malizia. Mai accettare le provocazioni del demonio, mai entrare in agitazione emotiva. Non si tratta di fare una lotta corpo a corpo con il demonio: non sei tu che lotti contro di lui, ma la Parola di Dio, il Signore Gesù vincitore delle potenze dell’inferno”. Sempre mons. D’Ercole ricorda riguardo agli ultimi anni di vita di padre Amantini: “Vedendolo più da vicino, ebbi la sensazione che vivesse nel suo intimo una sorte di ‘notte oscura’. Aveva un buio nel suo cuore, e sono convinto che abbia trascorso gli ultimi anni di vita in un grande deserto interiore. Lo percepivo perché citava spesso l’esperienza di santa Gemma Galgani. Probabilmente con santa Gemma Galgani, aveva qualche cosa in comune; sentiva la sofferenza fisica, quello stato di spossatezza legata al lavoro massacrante cui si sottoponeva nell’ascoltare i suoi figli spirituali e nel condurre esorcismi e preghiere di consolazione. Il demonio non lo lasciava tranquillo: attacchi ne ha ricevuti dentro e fuori. È così l’esperienza dei santi, di coloro che vogliono lottare contro il Male e capiscono che, per poterlo fare in maniere adeguata, non possono non condividere la passione di Cristo”.

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