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SAN LEOPOLDO MANDIĆ
Bogdan Mandić nacque a Castelnuovo di Cattaro (oggi nella Repubblica del Montenegro) il 12 maggio 1866. Abbracciato l’ideale francescano, entrò tra i Cappuccini della Provincia Veneta a Udine nel 1882, ricevendo poi il nome di fra Leopoldo. Fu ordinato sacerdote a Venezia nel 1890. Desideroso di andare in Oriente per dedicarsi alla riconciliazione tra Chiesa cattolica e ortodossia, i superiori lo destinarono invece al convento di Santa Croce a Padova nel 1907, dove rimase per il resto della sua vita, tranne brevi parentesi, tra cui quella di internato durante la Prima guerra mondiale e quella a Fiume, da dove fu fatto presto rientrare nella città del Santo per desiderio generale. Il cappuccino dalmata trovò la sua terra di missione nel confessionale, ove spese sino alla fine tutte le sue energie spirituali e umane, orientando a Cristo la vita dei penitenti e incoraggiandoli con dolcezza a un impegno serio di vita cristiana. È tra i precursori dell’ecumenismo spirituale, avendo offerto il suo ministero per l’unità dei cristiani, particolarmente l’unione con le Chiese d’Oriente. Scrisse infatti: “Unus pastor et unum ovile: haec tota ratio vitae meae”. Morì a Padova il 30 luglio 1942. Fu beatificato da Paolo VI il 2 maggio 1976 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983.
[…]
GRANDE DEVOTO DI MARCO D’AVIANO Fin da giovane padre Leopoldo aveva tramandato i racconti delle gesta e opere di Padre Marco d’Aviano ascoltati dai vecchi frati del nostro ordine: era come una catena con cui si poteva andare a ritroso di oltre tre secoli. Fu lui perciò a trasmettere anche a me la devozione verso Marco d’Aviano. Egli aveva conosciuto la figura di Padre Marco prima ancora di diventare frate: infatti nella cattedrale della sua diocesi di origine, a Cattaro, da secoli si conserva la croce che Padre Marco aveva portato con sé a Vienna nel settembre 1683 quando la città fu liberata dall’assedio degli Ottomani. Per tutta la vita, padre Leopoldo continuò a favorirne la devozione, a distribuire immagini e medaglie con l’immagine del frate avianese e a invitare quelli che gli chiedevano una grazia a pregarlo. Quando poi la gente ringraziava lui per qualche favore spirituale o materiale ottenuto, egli infallibilmente rispondeva: “Ringraziate Padre Marco”. A padre Leopoldo si deve anche l’iniziativa di pregare e far pregare per Antonino Geremia, un bimbo di cinque anni che era stato operato alle tonsille: la guarigione del fanciullo avvenne miracolosamente nel maggio 1941, dopo che il santo aveva dato a una sua penitente, Maria Bondesan Rubaltelli, corsa da lui, una medaglietta con l’effigie di Marco d’Aviano da far applicare subito al petto del piccolo, aggravatosi causa una meningite cerebro-spinale purulenta e ricoverato in fin di vita nella clinica Arcella di Padova allora diretta dal marito della signora, professor Enrico Rubaltelli, il quale disperava per il ragazzo e riteneva anzi che la meningite fosse stata provocata dalla tonsillectomia da lui effettuata. Dopo la guarigione perfetta e rapida (dalla sera al mattino seguente, grazie alla preghiera elevata dalle suore infermiere della clinica, alla quale preghiera il santo si era unito nel pomeriggio), padre Leopoldo dichiarò alla signora Rubaltelli: “Questo miracolo servirà per la causa di beatificazione del Padre Marco. Lei stessa verrà chiamata a testimoniare”. La profezia si avverò sessantuno anni dopo! San Leopoldo fu dunque il promotore del miracolo che ha portato alla beatificazione di Padre Marco, oltre che il più grande ammiratore e propagandista del frate di Aviano: potrebbe sembrare un’affermazione esagerata, ma è la pura verità, che viene rilevata dal processo di canonizzazione del santo, dove si legge: “Causam beatificationis patri Marci ab Aviano valde promovit”. Del resto tra i due frati ci fu molta affinità, anzi la stessa ansia apostolica: padre Leopoldo per quarant’anni attese alle confessioni e perdonò i peccatori, Padre Marco per tutta la vita fu l’apostolo dell’“atto di dolore perfetto”; per padre Leopoldo la santa messa era una festa dello Spirito, quella di Padre Marco venne definita “angelica”; erano poi entrambi devotissimi della Madonna. […] Eppure padre Leopoldo è salito alla gloria degli altari prima di Padre Marco. In effetti questo è un pensiero che ricordo di avere condiviso con il confratello padre Ermacora da Premariacco: padre Leopoldo lo avevo considerato sì un santo, ma non un santo da altari! E invece egli era indubbiamente un santo, era come un riflesso della bontà e della misericordia di Dio. Era poi di una semplicità e bontà più uniche che rare. Era accogliente, rasserenante quando ci si andava a confessare da lui, sorridente e buono, pronto a esercitare quel ministero per il quale era sempre disponibile. Alle volte capitava qualche sacerdote a confessarsi a mezzogiorno: padre Leopoldo andava subito, anche se altri frati brontolavano. Il confessionale era il luogo ove Dio lo aveva posto per operare quelle meraviglie che avvengono solo nell’obbedienza a Lui e nel nascondimento in Lui. San Leopoldo era balbuziente, eppure… Dio si serve dei deboli!
Trovi l’articolo complete su Il Segno del soprannaturale n. 445 di luglio 2025