Il Segno del soprannaturale di gennaio

uomini e donne di fede

Riconosciute le virtù eroiche del vescovo Antonio Bello

Il 25 novembre 2021, papa Francesco ha ricevuto in Udienza il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del servo di Dio Antonio Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi; nato il 18 marzo 1935 ad Alessano (Italia) e morto il 20 aprile 1993 a Molfetta (Italia). Don Tonino, come veniva chiamato da tutti, ha segnato le vite di molte persone e ha lasciato in tutti coloro che lo hanno conosciuto un ricordo indelebile. Noi lo vogliamo ricordare con le parole usate dall’autrice Elena Tolve nell’introduzione al suo libro “Sulle orme di don Tonino Bello un vescovo di frontiera”.

LA TESTIMONIANZA DI ELENA

PERCHÉ RICORDARLO

Tra le tante opere belle compiute da Dio per noi in questo tempo, vi è il vescovo Antonio Bello, uno straordinario uomo di Dio, un inimitabile amico degli uomini, un testimone credibile e profeta coraggioso, un vescovo che non aveva nulla di altero e di fastoso, come spesso sono i vescovi del Sud. Tutti hanno conosciuto la sua straordinaria semplicità e affabilità, la sua grande gentilezza d’animo e il suo indistruttibile coraggio. Dopo la sua morte, sono stati versati su di lui fiumi di inchiostro, si sono stampati numerosi libri, articoli e saggi, si sono tenuti convegni, dibattiti e seminari in sua memoria, si sono diffuse audio e video cassette, sono state elaborate tesi di laurea e ricerche dottorali. Sono stati colti e scandagliati tutti i contorni della sua figura e della sua vita: il sacerdote, l’educatore, lo sportivo, il musicista, l’uomo di cultura, il vescovo, il terziario francescano, il pacifista, lo studioso mariano, il profeta, il mistico, lo scrittore, il poeta, l’impegnato, il cantore della bellezza, il paladino della tenerezza, l’eccentrico, e così via. Pertanto, il mio breve saggio, che riproduce solo un minuscolo frammento della sua anima e della sua testimonianza cristiana, non ha la pretesa di trattare aspetti nuovi della vita di questo sacerdote-vescovo, che, per me, indipendentemente dall’esito finale della causa di beatificazione, è già santo, avendo egli praticato in grado elevato alcune delle beatitudini evangeliche: l’amore per i poveri, l’anelito alla giustizia e alla pace. E allora perché questo scritto se tutto quello che ha pensato e fatto don Tonino è stato già detto da tanti prima di me? Perché voglio aggiungere la mia voce a un coro che canta da più di venticinque anni? Due i motivi ispiratori. Il primo: far sì che, in una Chiesa come quella di oggi, rappresentata da vescovi e cardinali, la maggior parte dei quali è incapace di trasmettere dei veri messaggi, lasciandosi sedurre dal fascino dell’edonismo e del consumismo, questa figura straordinaria di suscitatore di coscienze e la sua forza persuasiva, con cui chiede assunzione di responsabilità, divengano patrimonio di un numero sempre maggiore di lettori: le sue parole e la sua vita, vissuta nella povertà e nella totale spoliazione di sé, risultano decisamente attuali e preziose per riflettere su quello che stiamo vivendo in questi anni e hanno il merito di costringere le coscienze intorpidite dall’egoismo a misurarsi con la concretezza delle ingiustizie. “Don Tonino – ha scritto qualcuno – è quanto di più fresco e di più giovane abbia prodotto la sua terra e il suo popolo negli ultimi secoli. Un prete di estrema periferia, legato profondamente alla sua terra e alla sua gente, ma in realtà impegnato in una Chiesa Universale, con percorsi talora sconcertanti per l’audacia della prospettiva. Realista e mistico al contempo, è venuto a scuotere le nostre coscienze pigre e addormentate”. Il secondo motivo: rendere omaggio, con questo mio breve saggio, a un vescovo che ho conosciuto da vicino e il cui ricordo custodisco come un tesoro tra i più preziosi nello scrigno della mia memoria. Un vescovo che, coerente con i valori della fede cristiana, ha fatto della sua vita offerta, dono, condivisione. Un vescovo dalla infinita umanità e dall’estrema libertà. Un vescovo che sapeva vedere anche nelle realtà più difficili la presenza della mano provvidenziale di Dio. (“Non fermarsi a guardare le foglie secche ai piedi dell’albero, ma sostare e mettersi a guardare attentamente le gemme che già stanno spuntando sui rami apparentemente secchi degli alberi”). Al centro del suo messaggio sta il mistero di Dio e l’amore con cui egli lo vive. È proprio Dio, Padre amorevole, sommo bene dal quale proviene ogni altro bene, che egli intravede in tutte le cose e in tutte le creature. Ed è proprio dal suo amore sconfinato per Dio e per la figura del Cristo, dalla sua ammirazione per l’opera di Dio, e non da semplice filantropia, che scaturisce la sua scelta privilegiata per gli ultimi, per i poveri, gli emarginati, nonché l’impegno per la pace, l’attenzione accurata e puntuale ai temi socio-politici, il rigore con cui si rivolgeva alla sua città, la premura verso i giovani e la testimonianza dal sapore francescano.

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