
LA BEATA ELISABETTA CANORI MORA
E I SUOI MESSAGGI PROFETICI
di Cristina Mantero
La beata Elisabetta Canori Mora (1774-1825) è una figura straordinaria della spiritualità cattolica, conosciuta per la sua vita di santità vissuta nel cuore della quotidianità familiare e per i messaggi profetici che ha ricevuto, molti dei quali riguardano il rinnovamento della Chiesa e la salvezza dell’umanità. Nel 2025 si commemorano i 200 anni dalla sua morte, infatti la Chiesa la ricorda ogni anno il 5 febbraio, giorno della sua nascita al cielo avvenuta nel 1825. Nata a Roma da una famiglia nobile, Elisabetta sposò Cristoforo Mora, un avvocato che inizialmente le portò gioie, ma che poi si allontanò da lei a causa di infedeltà e cattive compagnie. Nonostante le sofferenze, Elisabetta scelse di rimanere fedele al suo matrimonio e di offrire la propria vita come sacrificio per la conversione del marito e per il bene della sua famiglia. Elisabetta per sostenere la famiglia lavorava, senza mai trascurare di occuparsi con amorevole dedizione delle figlie e della cura della casa, dedicando molto spazio alla preghiera, al servizio dei poveri e all’assistenza degli ammalati. La gente si rivolgeva a lei per chiederle consiglio spirituale, conforto e preghiere, si era ormai diffusa la voce delle sue straordinarie esperienze mistiche e facoltà taumaturgiche. Il Signore le fece anche il dono delle stimmate.
I MESSAGGI PROFETICI
I messaggi profetici della Beata Canori Mora, ricevuti durante le sue visioni mistiche, rivelano una preoccupazione per i pericoli spirituali del suo tempo e per quelli futuri. In particolare, ella vide le difficoltà che la Chiesa avrebbe affrontato a causa della corruzione interna e della perdita di fede da parte di molti. Le sue visioni includevano spesso immagini di grandi sofferenze, ma anche di una promessa di rinnovamento e trionfo finale della Chiesa. Uno dei temi ricorrenti nei suoi messaggi è l’importanza della preghiera e della penitenza per la salvezza del mondo. Elisabetta sottolineò il ruolo della Vergine Maria come Mediatrice di tutte le grazie, invitando i fedeli a rifugiarsi sotto il suo manto protettivo nei momenti di prova. Le sue parole profetiche contenevano anche richiami alla giustizia divina, ma sempre accompagnati dalla speranza nella misericordia di Dio per coloro che si pentono sinceramente. Un esempio lo troviamo nella visione del 7 giugno 1815 da lei trascritta nel suo diario: “Il dì 7 giugno 1815, giorno del ritorno del nostro Santo Padre in Roma, tutta la città era in grande allegria. E il mio spirito era in grande malinconia. Mi fu dimostrato, come già dissi, le gravi afflizioni che dovrà patire la nostra Madre, la santa Chiesa, da quelli che sotto nome di bene e di vantaggio cercano di rovinarla, per esser questi lupi rapaci, che, sotto il manto di agnelli, cercano la sua totale distruzione. Questi, sebbene non lo compariscono, sono acerrimi persecutori di Gesù crocifisso e della sua sposa, la santa Chiesa. Mi pareva dunque di vedere tutto il mondo in scompiglio, particolarmente la città di Roma. Conoscevo la varietà delle false opinioni che si nascondono sotto il manto della vera religione cattolica. Conoscevo la diversità dei partiti, i quali cospiravano gli uni contro gli altri; questi miseri si laceravano nella fama, si vituperavano nell’onore, si ammazzavano senza pietà. Cosa dirò poi del sacro collegio? Questi per le varie opinioni erano chi dispersi, chi distrutti, chi spietatamente uccisi. In simile guisa e anche peggio era trattato il clero secolare e la nobiltà. Il clero regolare poi non soffriva la totale dispersione, ma era decimato di numero. Molti e senza numero erano gli uomini di ogni condizione che perivano in questa strage, ma non tutti erano riprovati. Molti erano uomini di buoni costumi, e molti altri di santa vita. Il mondo era in gravissima desolazione; il piccolo gregge di Gesù Cristo porgeva infuocate preghiere all’Altissimo, acciò degnato si fosse di sospendere tanta strage e tanta rovina. Ai voti di questo piccolo numero cessava la strage per parte degli uomini e incominciava quella per parte di Dio. Il cielo si ammantò di nera caligine, scoppiando i fulmini più tremendi, dove incenerivano, dove bruciavano: la terra, non meno che il cielo, era sconvolta. I terremoti più orribili, le voragini più rovinose facevano le ultime stragi sopra la terra. In questa guisa furono separati i buoni cattolici dai falsi cristiani. Molti di quelli che negavano Dio lo confessavano e lo riconoscevano per quel Dio che egli è. Tutti lo stimavano, lo adoravano, lo amavano. Tutti osservavano la sua santa legge. Tutti i religiosi e religiose si sistemavano nella vera osservanza delle loro regole. Il clero secolare era l’edificazione della santa Chiesa. Nelle religioni fiorivano uomini di molta santità e dottrina, e di vita molto austera. Tutto il mondo era in pace”. Elisabetta Canori Mora fu beatificata da papa Giovanni Paolo II il 24 aprile 1994.
La sua testimonianza di fede, unita al sacrificio personale la rendono un esempio luminoso per le famiglie, chiamate a vivere nella fedeltà e nell’amore, anche nelle prove più difficili. La sua vita e i suoi messaggi continuano a ispirare i credenti a cercare la santità nella quotidianità e a confidare nella provvidenza divina.
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