PICCOLO DIZIONARIO DELL’APOCALISSE: I SETTE SIGILLI

LA ROTTURA DEI SIGILLI

I sette sigilli (Ap 5,1) hanno il significato di aspetti del rapporto tra Dio e l’uomo, generati dalla disubbidienza di quest’ultimo, che serrano inesorabilmente, in senso giuridico, la condizione umana decaduta a motivo del peccato. Questo decadimento vota l’uomo alla morte e gli preclude la visione beatifica di Dio. 

La progressiva rottura dei sette sigilli scandisce pertanto le tappe del cammino dell’umanità nella sua storia di salvazione. Si tratta di un percorso, teologico e non cronologico, reso possibile da Cristo (Ap 6,1 e seg.; 8,1 e seg.) che inizia dall’indifferenza morale del peccatore (il primo dei quattro cavalieri) rivelata dall’apertura del primo sigillo per giungere, in un progressivo avvicinamento che prevede dapprima la rimozione degli elementi di indegnità (i primi quattro sigilli) e poi la trasformazione e l’elevazione spirituale dell’anima purificata (gli ultimi tre) fino alla visione beatifica di Dio nella Gerusalemme celeste (Ap 22,4). 

I SETTE SIGILLI

L’uomo conosce il modo di fare il bene, di compiere la volontà di Dio, ma la propensione al peccato gli impedisce di compiere il bene (cfr. Rm 7,14-15). I primi quattro sigilli attestano che egli si trova nella situazione prospettata da Isaia nella prima parte del suo esempio profetico (cfr. Is 29,11). Gli aspetti nefasti del peccato originale – i quattro cavalieri di Ap 6,1-8 – erano previsti da Dio fin dalla creazione del mondo e l’uomo dovrà sopportarli fino alla fine dei tempi. Ma l’Agnello immolato e risorto ha fatto in modo che vengano inseriti da Colui che siede sul trono – ogni cavaliere è, infatti, convocato da un vivente – all’interno del percorso salvifico scandito dalla rottura dei sigilli da parte dell’Agnello stesso. L’apertura dei primi quattro sigilli (in corrispondenza della quale avvengono determinate cose sulla terra, nella dimensione morale dell’esistenza umana) ha il significato della rottura del rapporto causa-effetto tra la propensione al peccato, nelle sue diverse forme, da parte dell’uomo, che lo rende inevitabilmente peccatore (cfr. 1Gv 1,8; Rm 11,32) e la conseguente impossibilità di ottenere la vita eterna e, a fortiori, accedere alla visione beatifica di Dio. 

Il sacrificio redentivo dell’Agnello ha reso possibile all’uomo peccatore di evitare la condanna eterna [il cavaliere di nome Morte e gli inferi alla fine dei tempi sono gettati nello stagno di fuoco (Ap 20,14)] in virtù della fede e del battesimo. La rottura dei rimanenti tre sigilli (in corrispondenza della quale avvengono determinate cose nel cielo, ovvero nella relazione spirituale tra Dio e l’uomo) ha il significato di una ulteriore elevazione spirituale dell’uomo riconciliato. 

Dopo la rottura del quarto sigillo l’uomo perdonato e in grazia di Dio si trova, ai fini della realizzazione del progetto che Dio ha su di lui, nella situazione prospettata da Isaia nella seconda parte del suo esempio profetico (cfr. Is 29,12). Dio ora vuole farsi “leggere” dall’uomo, ma l’uomo non è onticamente idoneo. Per cui Dio stesso provvede ad “alfabetizzarlo” ad un più elevato livello spirituale. [Al riguardo di tale ulteriore elevazione si consideri l’esempio di Maria Vergine. Ella è senza peccato, piena di Grazia e pronta all’ubbidienza. Ma il suo compimento della volontà di Dio – che diventasse madre del divino Redentore – le è precluso, come sigillato dai limiti della sua stessa natura umana che non le permette di concepire da sola (cfr. Lc 1,34). Per cui Dio stesso provvederà a spezzare quel sigillo (cfr. Lc 1,35)]. 

Con la rottura del quinto sigillo l’Agnello ottiene la glorificazione dei suoi testimoni (Ap 6,9-11; 7,13-14). Con la rottura del sesto l’Agnello, servo sofferente del Padre fino alla morte di croce, sottrae l’uomo redento dalla condizione di servo incapace di tener fede ai suoi obblighi per elevarlo alla condizione di amico di Dio (cfr. Gv 15,15) necessaria per entrare nella Sua intimità. Questo presuppone la fine dell’Antica Alleanza e della Legge (Ap 6,12-14). Con la rottura del settimo la divinizzazione dell’uomo viene portata a compimento. La sua libertà di figlio di Dio non potrà mai più essere insidiata da alcuna fonte malefica. Dopo una breve pausa di silenzio nel cielo (Ap 8,1) tutti i nemici della Verità che rifiutano di convertirsi vengono eliminati per sempre, come preannunciato in Ap 6,15-17 ed i redenti innalzati al godimento della visione beatifica di Dio nella Gerusalemme celeste. Con l’eliminazione della possibilità di peccare, la morte e gli inferi non hanno più ragione d’essere e sono gettati nello stagno di fuoco e zolfo. Il progetto di Dio è compiutamente realizzato. 

IL SIGILLO IMPRESSO DALL’ANGELO

Con il significato simbolico di identificativo di un’appartenenza legittima il sigillo figura come segno di consacrazione che viene impresso dall’angelo sulla fronte dei servi di Dio (Ap 7,2-3) ovvero dei centoquarantaquattromila che seguono l’Agnello. Questo sigillo è costituito dal nome dell’Agnello e del Padre suo (Ap 7,4; 14,1). 

Nell’antico alfabeto in cui fu scritto il libro di Ezechiele, a cui la visione di Ap 7,2-8 si ricollega, il sigillo era costituito da un tau, lettera a forma di croce (cfr. Ez 9,4). Il suo significato simbolico richiamava quello del sangue dell’agnello che, posto sui due stipiti e sull’architrave delle case degli ebrei, permetteva all’angelo sterminatore di passare oltre ed evitare agli ebrei lo sterminio dei primogeniti (cfr. Es 12,1-27). Tale significato è presente in Ez 9,6. Con questa valenza di identificativo di coloro che vengono preservati dalla morte, il sigillo di Dio si contrappone al contrassegno della bestia impresso sugli abitanti della terra, identificativo di coloro che sono destinati alla seconda morte. 

Questo testo e tanto altro ancora nel libro di Francesco Vitali “Piccolo dizionario dell’Apocalisse"

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