LA BEATA MARIA DI GESÙ CROCIFISSO. LA PICCOLA ARABA SANTA

MARIAM BAOUARDY LA PICCOLA ARABA SANTA  

Mariam Baouardy nata ad Abellin, in Galilea, tra Nazareth e Haifa, il 5 gennaio 1846 da una famiglia araba cattolica, di rito greco-melchita, è venerata non solo in Terra Santa ma anche in tutto il Medio Oriente. Morta giovanissima nel Carmelo di Bethlemme, è stata proclamata beata dal papa Giovanni Paolo II il 13 novembre 1983. Illetterata e analfabeta, è riuscita a scrivere brani di incommensurabile bellezza e profondità mistica, ispirati dallo Spirito Santo. Ha risposto agli attacchi del demonio, riuscendo persino a vincerlo durante i quaranta giorni di possessione. Di lei il Pontefice Giovanni Paolo II ha scritto: “Le Beatitudini trovano in lei il loro compimento. Nel vederla sembra che Gesù ci dica: beati i poveri, beati gli umili, bea6 ti coloro che cercano di servire, beati i miti, beati quelli che costruiscono la pace. Tutta la sua vita esprime una familiarità inaudita con Dio, l’amore fraterno degli altri e la gioia, che sono i segni evangelici per eccellenza” (Discorso ai pellegrini di Terra Santa, 14 novembre 1989). Celebre la sua frase: “Ricordatevi che tutto passa, e che non avremo alla morte, per giustificarci davanti a Dio, che ciò che noi avremo fatto per Lui durante la vita!”. La virtù più grande di questa beata è l’umiltà: “Io sono quella che sono davanti a Dio. Non sono che peccato, miseria, ingratitudine. Mio Dio, usami misericordia! Scongiurate il cielo e la terra per me, affinché sia salvata. Per causa delle mie iniquità, non profitto di alcuna grazia!”.  

INFANZIA

Già la nascita della “Piccola Araba”, com’è stata soprannominata, è avvolta in un’aura magica: i suoi genitori, Giorgio Baouardy (che lavorava la polvere da sparo) e Mariam Chahyn, dopo aver perso ben dodici figli, si recano a Betlemme, affrontando un pellegrinaggio di 170 chilometri, per chiedere alla Madonna, sulla culla di Gesù Bambino, il dono di una figlia che avrebbero chiamato, per renderle grazie, Mariam. La loro richiesta viene accolta e dopo nove mesi nasce Mariam. Un anno dopo un altro figlio, Baulos (Paolo). A soli tre anni i due fratellini restano soli: muore il padre e dopo pochi giorni anche la madre. Mariam viene adottata da uno zio paterno, mentre Paolo da una zia materna All’età di otto anni lo zio si trasferisce ad Alessandria d’Egitto portando con sé la nipotina. Mariam e Paolo non si sarebbero più visti.  

UN MATRIMONIO COMBINATO

Il desiderio ardente di Mariam di avvicinarsi alla Prima Comunione le permette di accedere all’Eucarestia prima del tempo lecito. Mentre in lei cresce l’afflato religioso, a dodici anni si ritrova, a sua insaputa, fidanzata ad un cognato dello zio (come previsto dall’usanza orientale): a tredici anni avrebbe dovuto unirsi in matrimonio. Mariam si oppone con tutte le forze. I parenti non la comprendono. Mariam continua a ripetere di essere già sposata e di essere sposa di Cristo. Il giorno in cui arriva il promesso sposo dal Cairo per le nozze, Mariam, anziché uscire dalla stanza vestita con l’abito nuziale, si presenta con un vassoio che reca i suoi capelli che aveva precedentemente tagliato, in una sorta di cerimonia di voto a Gesù, come se si fosse autocelebrata già suora di Cristo. Non rimase senza conseguenze però questo suo atto d’insubordinazione: gli zii la puniscono relegandola in cucina. Da questo momento è considerata alla stregua di una schiava di casa, sottoposta alle angherie dei padroni-parenti e della servitù.  

UN INTERVENTO SOPRANNATURALE

Mariam cerca di mettersi in contatto con il fratello Paolo rimasto in Palestina. Una sera, dopo essersi fatta scrivere la lettera da far recapitare al fratello, si reca da un servo arabo musulmano, che aveva prestato servizio a casa dei suoi zii e stava per partire alla volta di Nazareth. Qui accade un fatto inaspettato: dopo essere stata bene accolta, a Mariam, che nel frattempo aveva iniziato a parlare in maniera evidente della sua religione cattolica, viene chiesto dall’arabo di abbracciare il credo musulmano La frase che pronunciò fu la sua condanna a morte: “Musulmana io? Mai! Sono figlia della Chiesa Cattolica e spero di restare tale per tutta la vita!”. A questo punto l’arabo, impugnata la scimitarra, dopo aver fatto precipitare a terra la povera Mariam, le tagliò la gola. Tutti erano convinti che la ragazza fosse morta. Venne avvolta dentro un lenzuolo e abbandonata in un posto isolato. Ma non era ancora giunta l’ora della sua fine. Ci racconta la stessa Mariam che cosa era accaduto: le sembrò di essere in Paradiso. Rivide i suoi genitori e fu accudita e curata in un grotta da una signora che come una suora indossava un velo azzurro. Più tardi capirà che era la Madonna. Una voce le disse: “Il tuo libro non è ancora tutto scritto”. Dopo circa un mese la strana signora la condusse nella chiesa dei francescani dove la lasciò. Un medico che sedici anni dopo l’avrebbe visitata a Marsiglia, riscontrando che a Mariam mancavano alcuni anelli della trachea, disse che nessuno avrebbe potuto sopravvivere in quelle condizioni, se non per intervento divino: “Un Dio ci deve essere, perché nessuno al mondo, senza un miracolo, potrebbe vivere dopo una simile ferita”.  

IL TRASFERIMENTO IN FRANCIA

Grazie all’interessamento di un francescano, Mariam, all’età di tredici anni, inizia la sua lunga attività di domestica in varie famiglie non facoltose (alcune delle quali in condizioni disagiate), peregrinando da Alessandria a Beirut a Gerusalemme. Sul Santo Sepolcro pronuncia il voto solenne di castità. Nel frattempo continua a spostarsi per aiutare le famiglie in stato di miseria e per una di esse arriverà persino a mendicare. Il trasferimento a Marsiglia (Francia) coincide con lo spostamento della famiglia siriana Nadjar presso la quale svolgeva le mansioni di servizio. Era l’anno 1863 e la piccola araba aveva diciassette anni. A Marsiglia diventa completamente esplicita la sua scelta di condurre una vita consacrata: desidera entrare a far parte delle Figlie della Carità, ma la padrona, non volendo perdere una brava serva come lei, interviene affinché ciò non accada. All’età di diciannove anni entra fra le postulanti delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, assolvendo a lavori manuali e pesanti, in cucina e in lavanderia. Iniziano a comparire i primi fenomeni soprannaturali (visioni, estasi, stimmate su mani e piedi) il cui significato Mariam non comprende, anzi crede di essere malata, di aver contratto la lebbra e, provando vergogna, provvede a nascondere con fasciature questi strani segni sul corpo. La Madre Superiore, però, comprende tutto e la rassicura. La Superiora resterà sempre la sua protettrice fino a quando, in sua assenza, le consorelle decisero di allontanarla dall’Istituto, suggerendo un Ordine dall’orientamento più contemplativo, perché i fenomeni che avvenivano creavano disturbo…  

NEL CARMELO

Prossima tappa è il Carmelo di Pau (Bassi Pirenei): è il 14 giugno 1867. Mariam entra in questa sua nuova casa grazie alla presentazione della sua vecchia maestra di noviziato che aveva assicurato per lei: “Quella piccola araba è obbediente fino al miracolo”. Quando prende l’abito carmelitano cambia il suo nome in Maria di Gesù Crocifisso: è il 27 luglio 1867. Essendo analfabeta, deve restare fra le converse. Si cerca di farle imparare a leggere e scrivere, ma senza successo. È lei stessa che domanda a Gesù di restare così com’è in modo da poter svolgere sempre mansioni umili. Continuano senza soste le estasi, i sanguinamenti, le stimmate, compare persino una piaga sul costato simile a quella di Gesù.

Per saperne di più non perdetevi il libro di Irene Corona “La piccola araba santa”!

Articolo aggiunto alla lista dei desideri

Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente. Maggiori Informazioni