SAN MICHELE, L’ANGELO DELL’EUCARESTIA E DEGLI ULTIMI TEMPI
di don Marcello Stanzione
Gesù ha detto una parola di vita che rimane la consolazione e la forza dei suoi discepoli. “Ecco io sono con voi fino alla fine dei secoli”. Egli abita sempre in mezzo a noi e la sua casa è il tabernacolo della nostra chiesa parrocchiale. È là che andremo a visitarlo, ad adorarlo e a pregarlo. Forse che san Michele in quanto l’angelo custode della vita mortale del Salvatore non sarebbe ora l’angelo custode della sua vita eucaristica? Egli sta senza dubbio all’entrata del santuario come il cherubino stava all’entrata del paradiso, con una spada fiammeggiante in mano. Il fedele s’avvicina per comunicarsi: l’arcangelo sorride all’anima che si presenta al suo Dio animata dalla fede, dalla speranza e dall’amore. Non ha promesso, attraverso la mistica portoghese Antonia de Astonac, che a colui che gli renderebbe il culto delle nove salutazioni angeliche con la recita della corona angelica o rosario di san Michele, avrebbe, recandosi alla santa comunione, ricevuto come scorta un corteo di nove angeli scelti nei nove cori celesti? Il sacerdote sale all’altare: l’arcangelo è il testimone della grande azione che si compie. La Chiesa, con il primo canone eucaristico, che per secoli è stato l’unico che veniva proclamato, ci dice ch’egli sta alla destra dell’altare. Quando, con l’invocazione sulle offerte del pane e del vino, da parte del sacerdote, Cristo Vittima è disceso sull’altare, la Chiesa nel primo canone della santa messa fa recitare al suo ministro profondamente chinato questa significativa invocazione: “Dio onnipotente, comanda che queste misteriose offerte siano portate per le mani del tuo santo angelo dinnanzi alla tua Maestà divina”. Un santo che da bambino fu comunicato direttamente dall’arcangelo fu san Gerardo Maiella che nacque a Muro Lucano in provincia di Potenza e, sin da piccolo, il suo gioco preferito fu quello di erigere altarini con le immagini di santi. Il più bello ed anche il più amato era proprio quello dell’arcangelo Michele. Forse sin da allora il Principe degli angeli lo privilegiò della sua particolare presenza e delle sue apparizioni. A soli sette anni, infatti, recatosi in chiesa ed avvicinatosi all’altare per ricevere l’Eucaristia, naturalmente se la vide rifiutare dal sacerdote perché considerato troppo piccolo d’età. Ma, come egli narrò, quella notte stessa la Santa comunione gli fu recata proprio dal suo arcangelo prediletto. In seguito, diventato adulto fuggì di casa, fu accolto fra i Redentoristi di sant’Alfonso de’ Liguori, nel 1752, come fratello coadiutore. Nel 1753 organizzò un pellegrinaggio al Santuario di Monte Sant’Angelo durante il quale resta ancora vivo l’eco di vari prodigi compiuti e della immensa gioia provata nel potersi prostrare in fervida preghiera nella Sacra Caverna. La Colletta (della Santa Messa dei tre Arcangeli) anzitutto invoca: “Dio che chiama gli angeli e gli uomini a cooperare al suoi disegno di salvezza”. Infatti Michele, che appare come protettore particolare del popolo eletto, secondo Daniele (10,13; 12,1), e che è nominato due volte in lotta contro Satana per il corpo di Mosè (Gd 9) e contro il Dragone infernale (Ap 12,7), è identificato con l’arcangelo anonimo che precederà il momento della risurrezione finale (1 Ts 3,16). Oltre che nel Confiteor della messa di san Pio V, dove era nominato subito dopo Maria, la menzione di Michele arcangelo era presente sempre nell’Offertorio del Messale di Pio V: “Il vessillifero Michele conduca le anime nella sua luce santa”; a Michele si attribuì pure il compito di pesare le anime nel giudizio.
L’ARCANGELO DELLA LITURGIA
San Michele è anche l’arcangelo della liturgia. La Tradizione cristiana, infatti, ha sempre pensato, come è già stato ricordato che fosse Michele l’angelo che, come si legge nel capitolo ottavo dell’Apocalisse, reca un incensiere d’oro all’altare posto davanti al trono di Dio: “Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi, bruciandoli sull’altare d’oro posto davanti al trono. E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi”. Questa concezione di Michele – nata dall’antichissima affermazione che il culto della Chiesa è partecipazione alla liturgia celebrata in cielo dagli angeli e dai santi – è entrata profondamente nella vita cristiana. Meravigliosa missione di cui san Michele ha dato prove inequivocabili. San Leone Magno, offrendo il santo sacrificio della messa, vide un giorno al momento di questa invocazione, san Michele discendere sull’altare, prendere la sacra ostia, portarla in cielo, deporla sull’altare dicendogli: “Quello che sto facendo ostentatamente ai tuoi occhi, io lo faccio ogni giorno e tante volte che Gesù mio Maestro s’immola attraverso la spada della sua parola, che ha messo tra le mani dei suoi ministri”. Quando noi assistiamo alla santa messa, pensiamo a questo grande ruolo di san Michele e chiediamogli di portare al trono di Dio, allo stesso momento della sacra oblazione, i nostri voti e le nostre preghiere.
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