SANTA EUSTOCHIA SMERALDA CALAFATO
Storia e miracoli di una grande suora
BIOGRAFIA
Suor Eustochia, al secolo Smeralda Calafato, era figlia di Bernardo Calafato, ricco mercante messinese, e di Mascalda Romano Colonna. Venne alla luce a Messina il 25 marzo 1434. Fin da piccola sua madre la indirizzò verso la pratica religiosa verso cui Smeralda si sentiva molto attratta: ma il padre e i fratelli volevano che si sposasse. E così all’età di 11 anni la fecero fidanzare con Nicolò Perrone, un mercante di 35 anni, il quale, però, morì nel 1446 alla vigilia delle nozze. Due anni dopo, nel 1448, fu promessa in sposa ad un altro giovane che morì addirittura prima di conoscerla. A 15 anni decise di prendere i voti contro il parere dei familiari, i suoi fratelli minacciarono pure di bruciare il convento; ma nulla distolse da questo proposito la giovane Smeralda, che entrò nel Monastero di Basicò ove rimase per oltre dieci anni, con il nome di suor Eustochia. Amante della povertà, come cella preferì un sottoscala; viveva in penitenza dormendo sulla nuda terra e portando il cilicio. Essendo molto risoluta nei suoi propositi, riteneva che nel monastero non si osservasse alla lettera la regola delle clarisse e a questo proposito ebbe molte discussioni con le consorelle e la badessa; per venire incontro alle esigenze delle ragazze di buona famiglia che non intendevano rinunciare alle loro comodità, venivano date dispense e favoritismi: la stessa badessa aveva perso di vista lo spirito di povertà che doveva animare le clarisse. Allora Eustochia progettò una riforma e papa Callisto III, con un decreto del 1457, accolse la richiesta della beata. Grazie agli aiuti finanziari da parte di sua madre e della sorella, Eustochia si trasferì nel nuovo convento di S. Maria Accomandata, assieme alla madre, la sorella Mita, la nipote Paola, suor Lisa Rizzo e suor Jacopa Pollicino, che avevano abbandonato S. Maria di Basicò. All’inizio la Calafato ebbe, comunque, l’ostilità della badessa e di tutto il clero, e solo una bolla di Pio II (1461) riuscì ad obbligare i frati minori osservanti a seguire la vita spirituale delle suore del monastero. Il numero delle suore si incrementava velocemente e i locali del monastero diventarono inadeguati; grazie così alla generosità di Bartolomeo Ansalone, nel 1463, le Clarisse Riformate si poterono stabilire a Montevergine, in un nuovo monastero. Al momento della sua morte, avvenuta il 20 gennaio 1485, nel monastero c’erano già 50 suore. Il suo corpo, dopo più di cinque secoli, è ancora incorrotto: è rimasto intatto anche dopo il terremoto di Messina del 1908 ed è conservato in una teca di vetro, in posizione eretta, nel Monastero di Montevergine di Messina. Fu beatificata da Pio VI il 22 agosto 1782 e venne canonizzata da Giovanni Paolo II l’11 giugno 1988, durante una sua visita a Messina, nella chiesa di Montevergine.
IL LIBRO DELLA PASSIONE E PRIMI MIRACOLI DELLA SANTA
Si era accinta a scrivere un libro sulla passione (“Il libro della passione” attribuito dal m. Rev. P. Terrizzi a santa Eustochia), quando una notte il demonio le morsicò un dito della mano al punto da farla spasimare. Dopo aver terminato il libro, lo cominciò a leggere il lunedì sera; le prime tre sere parlò della passione, poi ordinò che dal mercoledì in poi, giovedì, venerdì e sabato, per nessun motivo le suore lavorassero, poiché dovevano stare attente ad ascoltare, celebrare e meditare sui profondi misteri; e che si accompagnassero a Gesù e sua Madre in tutte le loro afflizioni (incominciando a leggere con ordine, dal mercoledì sera fino al sabato); perché bisognava pure sapere quello che fece il Signore andando al limbo: per questo era necessario leggere, ininterrottamente, anche dopo cena. Durante le letture che si facevano, i suoi occhi erano due sorgenti di lacrime, mentre la sua faccia diveniva “divina”. Sembra di poterla accostare e paragonare a s. Francesco piangente nella cosiddetta “stanza del pianto” a S. Maria degli Angeli, accanto alla Porziuncola di Assisi. Ed era tanto addentrata nei santi misteri che Dio diede la grazia di fare miracoli, per le sue stesse lacrime. Una monaca che aveva un nipote “idropico” prese le tovaglie con cui si asciugava il pianto, le bagnò e le strizzò in un bicchiere, facendone bere l’acqua al nipote, che subito guarì. Allo stesso modo fu risanata una lebbrosa, come pure un gentiluomo tanto malato. Era, così, iniziata la serie di miracoli, per il suo tramite. Un’indemoniata di S. Filippo (ME) fu liberata guardando la Santa: alla sua vista stramazzò per terra, digrignando i denti e dal suo corpo uscirono due demoni. Un giorno, in convento, doveva essere spostata una cassa molto pesante ed una suora non ne poteva sostenere il peso; la Madre, con un segno di Croce, la fece divenire così leggera da poter essere trascinata con un dito. Il suo semplice segno di croce, dunque, operava miracoli; per mezzo di esso guarirono anche alcune suore: una, che aveva preso una brutta botta in testa a causa di una caduta; un’altra, che era sofferente di cuore e la cui guarigione destò grande meraviglia nei medici che la davano per spacciata; ed un’altra ancora, morente, a causa di una grande e grossa tavola che le cadde in testa. Insomma, di miracoli si potrebbe raccontarne a iosa, sia che la Santa fosse in vita, sia che fosse morta; ma, purtroppo, non tutti sono stati ricordati. La Santa aveva anche il dono di discernere le vocazioni vere dalle false, tanto da rimandare indietro quelle novizie dotate di vocazione esteriore e non profonda. Questo significa che non costringeva, anzi! Era veramente una donna tutta di Dio e da essa traspariva una tale luce, da far rimanere affascinati quanti avevano modo di guardarla. Addirittura, un giorno, mentre due frati erano alla grata, videro alle spalle della suora con la quale parlavano, come un sole: era l’Abbadessa che passava, una Luce divina che irradiava tutto il Monastero! Una suora destinata a morire, visse per la fede riposta nello scapolare della Santa. La fede, quindi, opera miracoli: da sempre. Nel 1478-79 una pestilenza funestò Messina e l’epidemia dilagava a macchia d’olio, estendendosi fino alla provincia. Anche la Santa contrasse la peste: fu contagiata da muratori che eseguivano lavori al Monastero. Avvertì il male sentendosi gonfiare una ghiandola in gola; ma, l’ispirazione divina le suggerì d’ingoiare il Corpo di Cristo che, immediatamente, la guarì. Rese pubblico questo miracolo, per dare gloria a Dio.
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Se volete, invece, approfondire la splendida figura di santa Eustochia Smeralda Calafato vi consigliamo la lettura del libro “Comunione con il divino”