LA COMPASSIONE PER LE ANIME PURGANTI

LA COMPASSIONE PER LE ANIME PURGANTI
di don Marcello Stanzione

Gesù apparve un giorno a santa Gertrude e le disse: “Tutte le volte che tu liberi un’anima dal purgatorio, fai un atto a me così gradito che più non lo sarebbe nemmeno se riscattassi me stesso dalla prigionia”.
In effetti quale cosa potrebbe starci maggiormente a cuore per poco che amiamo il Signore che procurargli gloria e soddisfare ai desideri del suo Cuore? Egli stesso ci comanda di amarlo con tutto il cuore e con tutta l’anima, ma per quanto grande sia la nostra carità fintanto che saremo pellegrini su questa terra, noi non potremo che amarlo imperfettamente, perché l’amore nasce e cresce attraverso la conoscenza della bontà e della perfezione dell’oggetto amato; ma siccome noi non potremo mai qui in terra conoscere le perfezioni divine, perché tale felicità è riservata per quando saremo in cielo, è conveniente per noi affidare alle sante anime del purgatorio di supplire per noi a questa nostra incapacità. Ora per far ciò la bontà di Dio mette in nostro potere di liberare con i nostri suffragi queste care anime in modo che volino in Paradiso ad amare Dio per sé e per noi procurandogli un grado di gloria infinitamente maggiore di quanto potrebbe ricevere da noi viandanti in questa valle di lacrime. Non appena infatti queste anime saranno trasportate da purgatorio, nel bel soggiorno del paradiso, inizieranno a glorificare la Santissima Trinità con tale forza d’amore che ci è impossibile immaginarla.
Ma oltre a dare gloria a Dio la liberazione di queste anime purganti procura una immensa gioia al suo amabilissimo Cuore.
Il Signore si comporta verso quelle povere anime come un padre che deve castigare un figlio da lui teneramente amato. Mentre lo castiga con rigore, egli vorrebbe che vi fosse qualcuno che domandasse grazia per lui e se non lo trova egli è costretto a punirlo fino all’ultimo limite della sua giustizia. Il Signore è costretto a castigare quelle anime perché così lo richiedono la santità, la giustizia e l’amore stesso di Dio.
• La santità perché essendo per essenza contraria ad ogni imperfezione e difetto, non può assolutamente permettere che un’anima macchiata entri in Paradiso
• La giustizia, perché dovendo ogni offesa a Dio trovare un compenso, non può sottrarsi dal punire quelle anime, finché non abbia da esse riscosso fino all’ultimo adempimento del loro debito.
• L’amore perché, desiderandole a sé somiglianti, le raffina tra le pene, perché divengano una perfetta copia della divina bontà.
Diceva il Bourdaloue in un discorso sulle anime del purgatorio: “Voi tutti sapete che le anime del purgatorio si trovano in uno stato di violenza, private come sono della visione di Dio, ma quello che forse non sapete è che il Purgatorio è uno stato di violenza per Dio stesso. La separazione da Dio è uno stato violento per un’anima giusta, come sono quelle del purgatorio, ma che sia per un effetto reciproco uno stato violento anche per Dio, ecco una cosa, che può sorprenderci, ma davanti alla quale non possiamo dimostrarci indifferenti. In cosa consiste dunque questo stato di violenza riguardo a Dio? Nel purgatorio Dio vede delle anime che egli ama di un amore tenero, sincero e paterno e alle quali ciò nonostante non può fare alcun bene: anime piene di meriti, di santità e di virtù, e che non può ancora ricompensare; delle anime che sono le sue elette, le sue spose e che pur tuttavia è costretto a colpire e punire. Orbene come sul calvario Gesù a causa delle nostre colpe ha subito l’abbandono del Padre, così queste anime purganti figlie predilette di Dio, poiché portano ancora impressa l’orma del peccato, non possono essere da Lui riconosciute tali, e quando il fuoco vendicatore, quando i supplizi e le espiazioni cadranno su di loro, Egli resterà impassibile perché la sua giustizia lo esige. Così Dio diviso tra i rigori della sua giustizia e il desiderio della sua misericordia volge lo sguardo ora a loro, e ora a noi, che possiamo liberarle, e mentre verso di loro deve mostrare il suo rigore, a noi volge sguardi pietosi per indurci a sollevarle, ci sollecita, ci stimola e persino ci prega di sottrarlo da tale contrasto, di liberarle e di sollevare insieme a loro anche il suo Cuore. Possiamo noi rimanere insensibili ai gemiti del suo Cuore che desidera riunirsi a queste sue dilette?”.
Dice l’Abate Ruperto: “Noi possiamo far cessare tanta violenza con il liberare queste anime, così che volate al cielo possano ricongiungersi con il loro Creatore, e là Egli spanderà sulle anime loro i tesori della sua magnificenza. Saremo noi con i nostri suffragi a sciogliere le mani di Dio, noi che forniremo a Dio i mezzi per fare del bene a queste creature che gli sono tanto care. Sì, Gesù ama queste anime, e se in qualità di giudice deve punirle, nella qualità di salvatore le predilige in modo tutto speciale, prende parte alle loro pene, poiché il suo spirito riposa in mezzo a loro ed esse soffrono in lui per via dell’unione stretta che le rende inseparabili. Gesù ha visto aggravarsi su di lui tre mani di Dio: la mano della sua grandezza, che l’ha umiliato; quella della sua giustizia che l’ha ferito, e finalmente quella della sua santità, la più pesante e severa, che l’ha schiacciato e annientato. La santità è la più temibile di tutte le perfezioni divine, in quanto non può soffrire neppure l’ombra o l’apparenza del peccato ed è appunto essa che ha maggiormente fatto soffrire Gesù sulla croce. Nella stessa maniera le anime del Purgatorio, nelle loro sofferenze sono, in un medesimo tempo, e umiliate dalla grandezza di Dio, e tormentate dalla sua giustizia, e oppresse dalla sua santità”.
S. Brigida scrive: “Allorquando con i nostri suffragi liberiamo un’anima dal Purgatorio, noi facciamo a Gesù Cristo, suo sposo, una cosa tanto gradita e preziosa, come se riscattassimo lui stesso da quelle fiamme purificatrici, e Lui a suo tempo, ci restituirà integralmente il bene che gli avremo fatto, e di cui raccoglieremo allora i vantaggi”.
Un giorno Gesù dirà ai suoi eletti: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero prigioniero e mi avete visitato”. Se dunque libereremo qualche anima dal Purgatorio, un giorno egli dirà pure a noi: “Io mi trovavo immerso in un letto di fuoco e grazie a voi ne fui strappato”. Quale merito! Quale felicità! Quale gloria! Meritare di essere i salvatori di Gesù Cristo. Dal fondo del Purgatorio ci grida “ho sete” e con insistenza ci domanda il bicchiere d’acqua fresca che gli venne negato sul Calvario. La compassione per le anime del Purgatorio sarà appunto questo bicchiere d’acqua fresca a cui è promessa una corona eterna.

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