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Il percorso di ricerca intrapreso da Abelardo attraverso logica, teologia ed etica trova la sua conclusione teoretica matura nelle pagine del “Dialogus inter philosophum, iudaeum et chistianum”. Proprio affidandosi alla forma del dialogo, il filosofo, ormai vecchio e malato, riprende i temi a lui cari affidandone le argomentazioni ai tre simbolici personaggi. Spetta a lui, Abelardo, “ben noto per la forza della ragione filosofica e colto in ambedue le leggi”, quella dei giudei e quella dei cristiani, giudicare le loro rispettive ragioni. Tra i vari punti di “concordantia oppositorum”, dove la fede e la ragione sembrano confondersi, Abelardo parla per bocca del cristiano che ribadisce con forza il principio cardine della sua dottrina etica:
“Credo che tutti gli strumenti e tutte le cose di cui ci serviamo possano essere usati bene o male a seconda della qualità morale dell’intenzione: non è dunque importante a questo fine sapere che viene fatto qualcosa, ma conoscere con quale animo è fatto”.